La fine si fa sempre più vicina, ma all'aumentare di ogni metro mi ritrovo a dover lottare contro la mia testa e contro ogni singolo muscolo. La mattina mi concedo il lusso di un piccolo riposo alla stazione di Macerata, prima di partire verso San Ginesio. Durante il viaggio le fabbriche sfilano veloci fuori dalla corriera. Cemento su cemento, ostinato progresso che distrugge quel poco di bello che ancora possediamo. Arrivato a destinazione attraverso la grande porta delle mura ed il borgo m'accoglie in una sublime atmosfera sfoggiando la collegiata romanica a due file dell'ospedale del pellegrino, costruito nel millecento (oggi in vendita). Ancora però non ho visto nulla e non posso immaginarmi quale sorpresa mi aspetti. Arrivo nella piazza principale contornata da due grandi abitazione storiche, dal palazzo della signoria e dalla chiesa principale del paese. Spartana, rustica ma curata e molto fine. Le Marche sono chiamate "la regione delle chiese" poichè nel medioevo, in quanto parte dallo Stato Pontificio, possedeva più luoghi sacri che case abitate. La trovo stranamente aperta, infatti nelle ore centrali della giornata vengono generalmente chiuse al pubblico, entro. Sbalordito, attonito e senza parole sono aggettivi che mal descrivono ciò che provo al suo interno, ma questa è senz'ombra di dubbio la chiesa più bella che i miei occhi abbiano mai visto. Costruita con grossi blocchi di arenaria appare gigantesca e luminosa, nonostante il suo colore grigio, grazie alle enormi campate che la costituiscono. Ha una pianata a croce latina e raccoglie nei suoi absidi moltissimi stili diversi, senza però che essi cozzino minimamente tra loro. Le dedico molto più tempo di quanto avevo pensato ma sarebbe stato stupido guardare l'orologio in un luogo così bello. Sto per lasciare il borgo quando un'altra sorpresa si fa avanti, altro gioiello mi chiama a sè. Le sue guglie si stagliano in cielo, alte, spiccando alte sopra i tetti delle case. Mi avvicino cauto alla cattedrale di San Gregorio come se nescondesse al suo interno qualcosa di strano. Provo a spingere il portone ma la mia forza viene respinta, la porta non si apre, ma mi basta poco per capire il perchè. A fianco al portone si trova una targhetta già vista in questo mio viaggio. "Nulla c'è sotto, tutto c'è sotto" è questo il loro motto, San Gregorio una delle loro chiese, una chiesa templare. Raggiungo Sarnano con un'altra corriera e da lì ripendo a camminare. Dodici chilometri e sono ad Amandola. Altri quattro per Montefortino poi otto fino a Momtemonaco. Le gambe sono doloranti e la stanchezza ora aumenta ad ogni passo. Trovo un passaggio fino al bivio per Montegallo, da qui mancano ancora dodici chilometri ma nella mia testa comincia a farsi strada una strana idea. Sarà la bellezza del bosco, dipinto dei colori autunnali, sarà che ormai sono entrato in una dimensione surreale in cui procedo per energia potenziale, anche in salita, sarà che non vedo l'ora d'arrivare in fondo. In cielo intanto sale lenta una luna piena, color arancio intenso, ed è forse anche per questo che decido di fare la follia. Voglio finire col botto! Camminerò anche tutta la notte, o almeno finchè non arriverò sulla piana di Castelluccio. Sergio mi dà un passaggio negli ultimi quattro chilometri che mi separano da Montegallo. Mi fermo nel suo bar, mangio qualcosa. Quando riparto la stanchezza è svanita, ogni mio movimento si fa leggero ed armonico, non sento più nulla, neanche il freddo della sera. Solo il rumore dei piedi che avanzano e il respiro che regolare che scandisce il ritmo.
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