Al mio risveglio Capitone è immerso in una fitta nebbia. Tre biscotti ed una pera sono la mia colazione e poi via, on the road again! Per arrivare fino a San Gemini imbocco un sentiero che mi porta in mezzo alle campagne umbre abbandonando alle mie spalle la provinciale. Il sentiero mi farebbe passare per la città di Narni e poi nuovamente sulla provinciale. Decido di attraversare le colline, perderò certo un po' di tempo ma almeno ci arriverò passando in mezzo al bosco! Dopo due ore di svalichi e campi arrivo finalmente a destinazione. Il paese è in festa e grandi bandiere sventolano nell'aria a segnare i confini delle due "fazioni sfidanti" del palio d'arme: "la rocca" e "la piazza". In realtà la rocca del paese non esiste più dal lontano '400 ma ancora oggi gli abitanti del rione la sentono nel cuore con una particolare appartenenza. Prima di ripartire salgo fino alla chiesetta di San Nicolò, che apre solo nel fine settimana, ma riesco con un po' di fortuna a convincere la custode a dedicarmi una decina di minuti. Splendido gioiello romanico dell'undicesimo secolo conservato in perfetto stato è fin'ora la chiesa che più mi ha colpito! Per la sua semplicità, per l'enorme forza sprigionata dal suo colore bianco e per la maestosità contenuta in un così piccolo spazio. Lungo la strada verso Acquasparta telefono al mio nonno, perchè da giovane, quando abitava a Terni, saliva spesso fino a qui in bicicletta, per divertirsi con gli amici o per andare a caccia sulle colline, e così mi faccio portatore, per lui, di un saluto rivolto a questi luoghi rimastigli cari. Passo velocemente attraverso Acquasparta perchè salvo palazzo Cesi (non visitabile) il suo borgo non ha nulla di interessante. Percorro i dieci chilometri fino a Massa Martana molto più velocemente di quanto pensassi e vi arrivo relativamente presto, sarà perchè nel pomeriggio ho le gambe un po' più calde ed anche il passo ne risulta più veloce. Colpita nel '97 dal terremoto il suo centro fu ricostruito secondo i canoni medioevali ma utilizzando materiali moderni. Il vantaggio è quello di ritroarsi immersi in una realtà parallela che ti può far immaginare come potessero essere i borghi nella loro epoca, ma forse esso non provoca lo stesso effetto di un borgo ancora conservato. Ho terminato la tappa di oggi, ma non so ancora dove dormire e per di più non appena lascio il centro la pioggia comincia a cadere. Sto camminando a bordo strada quando da dietro le mie spalle sento il suono di un clacson. Una monovolume nera mi si affianca, finestrino abbassato, e il suo autista esclama: "ma che voi mica n passaggio fin a Bastardo?" Dal momento che ho già percorso venticinque chilometri e che fino al paese dopo ce ne sono altri quattordici, tutti in salita, l'invito risulta troppo grande per essere rifiutato. Mi lascia nella piazzetta centrale e suonando un paio di volte sparisce in una via laterale. Ora piove davvero a dirotto e allora, in attesa che smetta, mi riparo sotto un tendone assieme ad un ciclista. Ci scambiamo qualche occhiata a vicenda, io osservo la sua bicicletta in carbonio, lui invece studia le misure del mio zaino, finchè lui non rompe il silenzio. Mi racconta delle volte in cui è stato a gareggiare in trentino, della volta che ha perso u a gara proprio sulla salita del Lago di Levico e di quando ha pedalato a fianco a Francesco Mosér. Poi parlando del mio viaggio fa una faccia strana quando gli nomino Bettona e Torgiano. Mi dice chiaramente: "guadda che a parte qualche bella campagna laggiù non ci sta proprio un cazzo, è tutta salita e nei borghi non trovi nulla. Vai a Trevi e Spello piuttosto, sono comunque sulla strada per Assisi ma sono mille volte più belli." Gli ci vogliono una buona ventina di minuti per convincermi, non credevo che avrei modificato il percorso stabilito, ma penso che forse anche questo fa parte dell'avventura, ed in più l'idea di fare ancora tanta salita non mi attira affatto, sarà già una bella rogna salire da Assisi a Gualdo Tadino! Le gocce cominciano a diminuire e, indossato il mio super poncho, saluto Lino e proseguo ancora per un po'. Dopo quattro chilometri i grossi nuvoloni che ho sopra la testa cominciano a farsi minacciosi tra tuoni e fulmini. Anche per oggi è giunta l'ora di fermarsi. Domando ospitalità in una cantina circondata da vigneti, ormai tinti dei gialli colori autunnali. Gentilissimi ed ospitali mi sistemano all'interno di una piccola torre. La pioggia comincia a cadere forte mentre il mio fornelletto prepara una minestra agli asparagi, la stanchezza mi aggredisce velocemente, mi abbandono al sonno sperando che per domani mattina abbia smesso o sarà una bella tortura.
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