Era da qualche tempo che non mi svegliavo alle 5 di mattina.
E se è per quello, era anche da un bel po' di tempo che non mi ritagliavo del tempo per andare in montagna. Ieri sera invece è stato diverso. Sono uscito dal negozio alle 19:30, ho respirato la fresca brezza che tirava tra le vie di Trento e mi sono detto: "Ok, è ora di andare in alto."
In effetti c'è anche da dire che l'ultimo periodo è stato un susseguirsi continuo di amarezze e gioie, piaceri e difficoltà. Come un altalenare impazzito a cui per fortuna sto lentamente dando un equilibrio.
E allora, dopo quella boccata fredda d'aria, ho fatto lo zaino, ho preparato la macchina, e me ne sono scappato in Brenta.
Alle 5:30 esco dalla mitica Volvo V40, la nuova "customizzazione" che la rende un comodo camper ha funzionato a meraviglia. Bevo due sorsi di succo, quattro gocciole, inforco lo zaino e comincio a salire verso il rifugio Brentei. Frontale in testa e via in mezzo ai boschi. Passo le cascate, i prati di Vallesinella Alta, il Rif. Casinei e proseguo, a passo spedito, nei profumi e nell'oscurità del bosco.
Arrivo al Rif. Tuckett, poi scendo per riprendere il sentiero che porta al Brentei e poi verso la Bocca di Molveno. Sono le 7:30 di mattina, il cielo comincia a rischiararsi, e all'orizzonte la Presanella si tinge di rosa mentre i colori dell'autunno prendono vita tutt'intorno a me. L'allenamento non manca, sto andando via bene, mi piace!
Perchè alla fine, dopo tanto tempo che non vai in montagna, anche se continui ad allenarti, ti senti come se fosse la prima volta che lo fai, come se fosse una prova. Un po' come un infante, che muove i primi passi su un terreno sconosciuto, perché la montagna, l'energia, le meravigliose sensazioni che ti dà, che ti trasmette, quelle non le dimentichi mai. I movimenti, il passo, la fatica, quelli invece cambiano ogni volta, ogni volta è come un'esperienza nuova, soprattutto se sei fermo da qualche tempo.
Alle 9:30 sono al Rif. Alimonta.
Mi guardo attorno, camosci che saltellano lungo tutta la piana attorno a me.
Alle mie spalle il sole sta spuntando tra le pareti di calcare.
Per un istante sono quasi tentato di tornare indietro, ma poi la voglia di toccare la roccia prima che il freddo e l'inverno me lo impediscano di fa più forte, e riparto verso l'attacco della ferrata.
Superato il ghiaione che separa il rifugio dall'attacco mi imbrago, attacco i moschettoni al cordino d'acciaio e comincio a salire. Pestolo anche la prima neve di stagione, immacolata, fresca e scricchiolante sotto i miei piedi. Sorrido, come un bimbo felice.
La prima metà della ferrata passa incredibilmente veloce, con passaggi aerei, scale esposte su verticali e creste di roccia coperte di neve. Poi, qualcosa di magico succede: per un momento si alza anche il vento ed in un istante l'aria si riempie di milioni di piccoli cristalli ghiacciati che controluce brillano e riflettono mille colori, creando un surreale arcobaleno. Inspiro profondamente, mi godo il momento. Adoro la vita dell'alpinista, fatta di sforzi e fatiche, perchè basta un momento come questo, a dimenticare tutti i dolori ed a riempire il cuore con un'energia enorme.
Dopo l'arcobaleno di ghiaccio il terreno si fa più difficile. Non avevo calcolato così tanta neve e ghiaccio, né avevo previsto tutto quel freddo. Alcuni passaggi sono ormai da considerarsi quasi una scalata in invernale. Ma non ho con me ramponi o piccozze. Con molta attenzione e grazie anche ai continui allenamenti, riesco comunque a continuare nella progressione.
Dopo i lunghi traversi su roccia ghiacciata e piccoli strapiombi spunto in cima alla Bocca di Tuckett, da cui si gode di una vista meravigliosa sulla valle sottostante. Mi siedo un momento a riposare, contento e quasi sorpreso, dalle abilità che temevo di aver perso e dagli sforzi fatti, dalle insidie superate focalizzando ed analizzando tutte le varie situazioni che mi si sono presentate oggi.
Sono le due di pomeriggio, è ora di tornare a casa.